Il principio è contenuto in un’ordinanza ex art. 700 c.p.c. con cui il Tribunale di Cosenza, ritenendo sussistenti entrambi i requisiti del fumus boni iuris e del periculum in mora, ha ordinato all’INPS l’immediato ripristino, in favore del ricorrente, dell’indennità NASpI illegittimamente sospesa.
Il Sig. XXXXX inoltrava domanda amministrativa all’INPS per ottenere il riconoscimento e il conseguente pagamento della indennità NASpI, a seguito dell’interruzione del rapporto di lavoro con la società XXXXX.
L’art. 1 del decreto legislativo 4 marzo 2015 n. 22, recante “Disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in caso di disoccupazione involontaria e di ricollocazione dei lavoratori disoccupati, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183”, pubblicato nella G.U. n. 54 del 6 marzo 2015, ha istituito, a decorrere dal primo maggio 2015, una indennità mensile di disoccupazione denominata “Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l’Impiego” (NASpI), avente la funzione di fornire una tutela di sostegno al reddito ai lavoratori con rapporto di lavoro subordinato che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione.
In accoglimento della domanda, l’INPS liquidava la prestazione, determinandola nel suo preciso ammontare e, poco dopo, cominciava a erogare gli importi relativi.
Inspiegabilmente, però, l’Istituto, dopo il pagamento delle prime mensilità, sospendeva l’erogazione della prestazione.
L’istante proponeva pertanto ricorso ex art. 700 del codice di procedura civile al Tribunale di Cosenza per chiedere che fosse ordinato l’immediato ripristino del trattamento NASpI ingiustamente sospeso, sostenendo a supporto dell’azione la sussistenza sia del fumus boni iuris, sia del periculum in mora.
Deduceva il ricorrente che, pur possedendo tutti i requisiti per ottenere l’indennità di disoccupazione, l’INPS gli aveva, senza addurre una ragione giuridicamente plausibile, sospeso l’erogazione della prestazione.
In particolare, per quanto riguarda il requisito della sussistenza del pericolo di danno in caso di ritardo, il ricorrente deduceva che l’indennità di disoccupazione rappresentava per lui l’unica fonte di reddito e che, durante il tempo occorrente per far valere il diritto in via ordinaria, si sarebbe trovato ad essere gravemente minacciato da un pregiudizio imminente e irreparabile, quale certamente è da considerare, ai sensi dell’art. 700 c.p.c., l’impossibilità di condurre una vita dignitosa e di provvedere al sostentamento suo e della sua famiglia, non possedendo egli altri redditi all’infuori della NASpI.
A corredo di quanto dedotto, il ricorrente allegava altresì lo stato di disoccupazione in cui versava sua moglie a seguito di licenziamento, e la circostanza che la situazione economica familiare fosse anche gravata dall’obbligo di corrispondere mensilmente i canoni di locazione per l’alloggio di residenza.
Il Tribunale di Cosenza accoglieva la domanda e, con ordinanza ex art. 700 c.p.c., ordinava all’INPS l’immediato ripristino del trattamento richiesto.
Dopo aver vagliato con esito positivo la ricorrenza del fumus boni iuris, il giudicante riteneva che fosse sussistente pure il requisito del periculum in mora, in quanto – si legge nelle motivazioni dell’ordinanza – “il ricorrente ha provato che il reddito familiare, in assenza della prestazione richiesta, è insufficiente a garantire un’esistenza libera e dignitosa, atteso che la moglie risulta essere stata licenziata il XX.XX.XXXX, e che il nucleo familiare risiede in una casa in locazione”.
