Può capitare che, presentata la domanda amministrativa per ottenere una prestazione di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità, oppure la pensione di inabilità o l’assegno ordinario di invalidità, previsti dalla Legge 12 giugno 1984, n. 222, il richiedente non riceva la convocazione a visita per l’accertamento del requisito sanitario.
Ciò può derivare da un mero disservizio nell’attività di comunicazione da parte dell’Istituto previdenziale, ma talvolta accade che l’INPS ometta di dar corso alla fissazione della data di visita medica.
Cosa si può fare in questi casi?
Naturalmente, in via amministrativa è possibile sollecitare l’Istituto, personalmente o tramite il patronato che ha materialmente inoltrato la domanda, a voler fissare la data di convocazione.
E in via legale, invece, quali sono i rimedi da esperire quando l’INPS non chiama a visita?
È doveroso premettere che per tutte le prestazioni sopra menzionate, la legge impone, con l’art. 445 bis c.p.c., la preliminare proposizione di una istanza di accertamento tecnico per la verifica preventiva delle condizioni sanitarie legittimanti la pretesa fatta valere. Ciò detto, per fornire una risposta al quesito di cui sopra, è necessario passare in rassegna alcuni principi che regolano la materia previdenziale e assistenziale.
a) In base all’art. 7 della Legge 11 agosto 1973, n. 533, rubricato “Formazione del silenzio rifiuto sulla richiesta agli istituti previdenziali e assistenziali”, “in materia di previdenza e di assistenza obbligatorie, la richiesta all’istituto assicuratore si intende respinta, a tutti gli effetti di legge, quando siano trascorsi 120 giorni dalla data della presentazione, senza che l’istituto si sia pronunciato”
Da tale disposizione normativa si ricavano due principi:
- La parte privata è obbligata, prima di avviare la causa, a compulsare l’ente erogatore, cioè la controparte, mediante la presentazione di una domanda amministrativa tesa ad ottenere la prestazione previdenziale o assistenziale;
- Tale domanda amministrativa avvia un procedimento amministrativo che lascia all’amministrazione uno spatium deliberandi commisurato in 120 giorni.
b) A norma del comma 1 dell’art. 443 del codice di procedura civile, “la domanda relativa alle controversie in materia di previdenza e assistenza obbligatorie di cui al primo comma dell’articolo 442 non è procedibile se non quando siano esauriti i procedimenti prescritti dalle leggi speciali per la composizione in sede amministrativa o siano decorsi i termini ivi fissati per il compimento dei procedimenti stessi o siano, comunque, decorsi 180 giorni dalla data in cui è stato proposto il ricorso amministrativo“.
Il procedimento amministrativo di cui all’art. 443 c.p.c. è disciplinato dall’art. 46, commi 5 e 6, della legge 9 marzo 1989 n. 88, che dispone: “Il termine per ricorrere al comitato provinciale è di novanta giorni dalla data di comunicazione del provvedimento impugnato” (comma 5); “Trascorsi inutilmente novanta giorni dalla data della presentazione del ricorso, gli interessati hanno facoltà di adire l’autorità giudiziaria” (comma 6).
c) Per le controversie in materia di invalidità civile, l’art. 42, comma 3 della Legge n. 326 del 2003 ha soppresso tutte le norme in materia di ricorso amministrativo, fissando solo un termine decadenziale di sei mesi dalla pronuncia del provvedimento amministrativo per la proposizione del ricorso giudiziario.
Sulla base dei principi sopra espressi, è ora possibile dare una risposta al quesito di partenza.
In mancanza di riscontro da parte dell’INPS alla domanda amministrativa volta ad ottenere il riconoscimento di una prestazione di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità, oppure la pensione di inabilità o l’assegno ordinario di invalidità previsti dalla legge 12 giugno 1984, n. 222 (per un elenco sommario e non esaustivo delle prestazioni richiedibili, si veda questo mio contributo), è possibile avviare l’azione giudiziaria, ma non prima che sia decorso il termine di 120 giorni di cui al predetto art. 7 della Legge n. 533/1973.
In second’ordine, prima di cominciare la causa si dovrà pure preliminarmente proporre il ricorso volto al tentativo di composizione in sede amministrativa della controversia, imposto dall’art. 46, commi 5 e 6, della legge 9 marzo 1989 n. 88, ma solo per le seguenti due prestazioni: 1) pensione ordinaria di inabilità (art. 2 Legge n. 222/1984); 2) assegno ordinario di invalidità (art. 1 Legge n. 222/1984). In questi due casi, sarà necessario, prima di avviare il ricorso giudiziale, attendere la definizione del procedimento amministrativo, o il decorso del termine di 90 giorni dalla proposizione di detto ricorso.
Per le controversie in materia di invalidità civile, invece, per come prima si è detto, l’art. 42, comma 3 della L. n. 326 del 2003 ha eliminato l’onere di previa proposizione del ricorso amministrativo, e sarà quindi possibile proporre l’azione giudiziaria già allo scadere del termine dei 120 giorni dalla domanda.
Esaminato il problema inerente al dies a quo del ricorso giudiziale successivo alla domanda amministrativa non valutata dall’INPS, resta da esaminare l’aspetto relativo al termine, di natura decadenziale, entro cui la legge impone di proporre l’azione.
Sul punto, rimando alla lettura di un mio precedente contributo, non prima di aver specificato che, nella materia delle prestazioni azionabili con l’ATPO, il predetto art. 42, comma 3 della Legge n. 326 del 2003 ha introdotto il termine decadenziale di 6 mesi per la proposizione dell’accertamento tecnico (il quale, per le ipotesi di silenzio rifiuto oggetto del presente articolo, comincia a decorrere una volta spirato il termine di 120 giorni di spatium deliberandi concesso all’Istituto), ad eccezione delle due prestazioni di natura previdenziale sopra esaminate (pensione di inabilità e assegno ordinario di invalidità), che soggiacciono al termine triennale di decadenza sostanziale e all’obbligo di previa proposizione del ricorso amministrativo.

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