A seguito del verbale di revisione che ha negato la pensione d’invalidità civile, non è possibile richiedere nel conseguente giudizio, oltre al ripristino della prestazione revocata, anche l’indennità di accompagnamento, se tale prestazione non era stata in origine richiesta nella domanda amministrativa

La Corte di Cassazione, con la recente sentenza 27 settembre 2023 n. 27454, conferma il precedente orientamento (tracciato dalla medesima Corte con la sentenza n. 23623 del 2021), secondo cui in sede di ricorso di ATP avverso il verbale di revisione che ha dichiarato insussistente il requisito sanitario della pensione di inabilità civile, è improcedibile la domanda tesa a ottenere, pur in presenza di un aggravamento delle condizioni sanitarie, oltre al ripristino della prestazione revocata, anche l’indennità di accompagnamento, se tale prestazione non era stata richiesta con l’originaria domanda amministrativa.

In quella precedente pronuncia del 2021, gli Ermellini della Sezione Lavoro premettevano quanto segue: “la Corte ha già affermato (Sez. 6 – L, Ordinanza n. 1271 del 20/01/2011, Rv. 616035 – 01; Sez. L, Sentenza n. 6941 del 04/04/2005, Rv. 581039 – 01; Sez. L, Sentenza n. 12643 del 17/12/1998, Rv. 521733 – 01) che, in materia di trattamenti assistenziali, la domanda amministrativa costituisce presupposto necessario per il diritto alla prestazione assistenziale richiesta e, in particolare, la presentazione di una specifica domanda amministrativa volta al conseguimento dell’indennità di accompagnamento, di cui alla L. n. 18 del 1980, articolo 1, costituisce, unitamente ai previsti requisiti sanitari, un elemento necessario per l’attribuzione di tale beneficio in sede giudiziaria, a pena di improcedibilità del ricorso, mentre deve escludersi che tale domanda possa ritenersi compresa in quella diretta al conseguimento di un beneficio diverso come quello alla pensione di inabilità, senza che in contrario possa invocarsi il disposto di cui all’articolo 149 disp. att. c.p.c., atteso che la citata norma prevede solo, per economia processuale, che il giudice tenga conto anche dei successivi aggravamenti verificatisi in sede giudiziaria ma sempre e solo ai fini del beneficio previdenziale o assistenziale richiesto con l’originaria domanda”.

Sulla base di tale premessa, la Cassazione concludeva che “tali principi possono trovare applicazione anche nel caso in esame, ove – se pure in sede giudiziale di ATP era stata accertata un’invalidità totale – a seguito di revisione promossa dall’ufficio (senza dunque alcuna domanda di aggravamento proposta dall’interessato) era stata confermata l’invalidità del 75% del ricorrente (già beneficiario di assegno), escludendosi l’aggravamento delle condizioni sanitarie dello stesso: infatti, anche se l’INPS avesse riscontrato in sede di revisione un aggravamento delle condizioni sanitarie tali da giustificare il diritto alla pensione, tale accertamento non avrebbe potuto costituire un diritto alla diversa prestazione (mai richiesta prima in sede amministrativa), ma avrebbe potuto essere solo la premessa di una domanda amministrativa di pensione”.

Con la recentissima sentenza n. 27 settembre 2023 n. 2745, i giudici della Corte, nel confermare tale precedente, hanno ribaltato la sentenza del Tribunale di Crotone, il quale aveva riconosciuto il diritto della parte alla pensione di inabilità e all’indennità di accompagnamento, all’esito del giudizio di ATP ex art. 445 bis c.p.c. avverso il verbale di revisione negativa con cui era stato dichiarato insussistente il requisito sanitario per poter percepire la pensione di inabilità. Così hanno motivato la decisione gli Ermellini della Sezione Lavoro: “l’unica prestazione in godimento era la pensione di inabilità. A seguito di revoca della stessa, la parte privata efficacemente poteva contestare, come nei fatti avvenuto, in via giudiziale, la determinazione dell’Ente, assumendo la persistenza, senza soluzione di continuità, dei requisiti sanitari della prestazione revocata. Non poteva, invece, richiedere ed ottenere l’accertamento dei requisiti sanitari di una diversa prestazione, di cui in precedenza non beneficiava, in difetto di una nuova domanda in sede amministrativa (v. anche percorso argomentativo di Cass. sez. un. 14561 del 2022″ [la famosa sentenza delle SS.UU. che ha stabilizzato il principio, contraddetto da alcune precedenti pronunce della Corte, secondo cui, ai fini della proponibilità dell’azione giudiziaria con la quale, in caso di revoca di una prestazione assistenziale, si intenda accertare la persistenza dei requisiti costitutivi del diritto alla prestazione di invalidità, non è necessario presentare una nuova domanda amministrativa” n.d.r.]).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO Lucia – Presidente

Dott. MARCHESE Gabriella – rel. Consigliere

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere

Dott. BUFFA Francesco – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12196/2018 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR, presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 937/2017 del TRIBUNALE di CROTONE, depositata il 11/10/2017 R.G.N. 1058/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 11/07/2023 dal Consigliere Dott. GABRIELLA MARCHESE.

RILEVATO

che:

1. il Tribunale di Crotone, in sede di pronuncia ai sensi dell’articolo 445 bis c.p.c., comma 6, ha riconosciuto il “diritto” del controricorrente alla pensione di inabilità e all’indennità di accompagnamento, a decorrere dalla data della visita di verifica;

2. il Tribunale, in particolare, ha respinto l’eccezione di inammissibilità, formulata dall’INPS, per carenza di domanda amministrativa in relazione all’indennità di accompagnamento. A tale riguardo, ha richiamato della L. n. 114 del 2014, articolo 25, comma 6 bis, che consente alle commissioni mediche di esprimersi non solo in merito alla permanenza del grado di invalidità precedentemente accertato ma anche sul suo eventuale sopravvenuto aggravamento, in un’ottica di snellimento delle pratiche e dei tempi. Per il Tribunale, il verbale di revisione poteva essere impugnato davanti all’autorità giudiziaria sia per chiedere il “ripristino” della prestazione revocata sia per chiedere, come nel caso di specie, l’accertamento dell’aggravamento delle patologie preesistenti, finalizzato ad ottenere il diritto alla prestazione aggiuntiva;

3. avverso tale sentenza, l’INPS ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi;

4. la parte privata ha depositato controricorso, successivamente illustrato con memoria;

5. chiamata la causa all’adunanza camerale, il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di cui all’articolo 380 bis.1 c.p.c., comma 2.

CONSIDERATO

che:

6. l’INPS deduce – ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3 – la violazione e falsa applicazione della L. n. 533 del 1973, articolo 7, della L. n. 114 del 2014, articolo 25, comma 6 bis; del Decreto Legge n. 78 del 2009, articolo 20, comma 2; del Decreto Legge n. 269 del 2003, articolo 42, conv. in L. n. 326 del 2003, dell’articolo 149 disp. att. c.p.c., in relazione alla L. n. 18 del 1980, nonchè – ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5 – l’omesso esame di fatto decisivo;

7. l’Istituto deduce che la parte privata, a seguito della originaria domanda amministrativa, otteneva il riconoscimento della pensione di inabilità. La determinazione amministrativa non veniva impugnata, con la conseguenza, secondo l’INPS, che, stabilizzatosi il diritto ad ottenere (unicamente) l’indicata prestazione, l’indennità di accompagnamento non era più invocabile in sede giudiziaria, stante la decadenza del Decreto Legge n. 269 del 2003, articolo 42. Pertanto, a seguito della mancata conferma del beneficio in godimento, l’assistito avrebbe potuto agire solo per contestare gli esiti della visita di controllo, quanto al mancato accertamento della persistenza dei requisiti sanitari per la pensione di inabilità, non anche per ottenere una diversa e aggiuntiva prestazione, in difetto di domanda amministrativa di aggravamento;

8. il ricorso è fondato;

9. la domanda amministrativa costituisce presupposto necessario per il diritto ad ottenere una prestazione assistenziale. La normativa richiamata dal Tribunale, a prescindere dalla sua effettiva portata applicativa è, a monte, ratione temporis, inapplicabile alla fattispecie concreta;

10. nel caso in esame, l’unica prestazione in godimento era la pensione di inabilità. A seguito di revoca della stessa, la parte privata efficacemente poteva contestare, come nei fatti avvenuto, in via giudiziale, la determinazione dell’Ente, assumendo la persistenza, senza soluzione di continuità, dei requisiti sanitari della prestazione revocata. Non poteva, invece, richiedere ed ottenere l’accertamento dei requisiti sanitari di una diversa prestazione, di cui in precedenza non beneficiava, in difetto di una nuova domanda in sede amministrativa (v. anche percorso argomentativo di Cass. sez. un. 14561 del 2022);

11. il delinearsi, infatti, successivamente al riconoscimento di una prestazione, di un diverso e più grave quadro sanitario viene ad integrare una fattispecie del tutto distinta ed autonoma rispetto a quella valutata dall’Ente, che postula un atto di impulso in sede amministrativa, condizione, poi, di proponibilità dell’eventuale azione in sede giudiziaria (tra le tante, Cass. n. 23359 del 2021);

12. fattispecie similare alla presente è stata, peraltro, di recente valutata dalla Corte (Cass. n. 23623 del 2021). Nel caso già esaminato, in sede di procedimento per cd. “ATPO” (articolo 445 bis c.p.c.), veniva accertata – e riconosciuta – un’invalidità totale: il Tribunale dichiarava “il diritto” della parte privata alla pensione di inabilità, ritenendo “non necessaria la previa domanda amministrativa specifica per la prestazione pensionistica, ove vi fosse comunque stata una domanda amministrativa per l’assegno di invalidità già riconosciuto”;

13. la Corte, nell’accogliere il ricorso dell’INPS, ha osservato, al contrario, che anche qualora l’INPS avesse riscontrato in sede di revisione un aggravamento delle condizioni sanitarie tali da giustificare il diritto alla pensione, l’accertamento non avrebbe potuto costituire il presupposto per il diritto alla diversa prestazione, potendo rappresentare “solo la premessa di una domanda amministrativa di pensione” (in motivazione, Cass. n. 23623 cit.);

14. per quanto qui di interesse, anche Cass. n. 13909 del 2021, esaminando il peculiare procedimento amministrativo di verifica della permanenza del requisito sanitario, oggetto nel tempo di numerosi interventi, ha osservato come l’accertamento in sede di verifica “nella migliore delle possibilità” vale a confermare il permanere della condizione sanitaria già riconosciuta anche se (nelle more) la stessa si fosse aggravata;

15. ai principi di diritto esposti non si è conformata la sentenza impugnata che va, dunque, cassata e rinviata al Tribunale di Crotone, in persona di un diverso Giudice, per un nuovo esame;

16. al giudice di rinvio è rimessa anche la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale di Crotone, in persona di altro Giudice, anche per le spese del giudizio di legittimità.

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