Una delle norme peculiari del processo previdenziale è quella stabilita dall’art. 152 disp. att. cpc, che dispone l’esenzione dalle spese di lite per chi sia risultato soccombente in giudizi promossi per ottenere prestazioni previdenziali o assistenziali, ove non venga superato un determinato tetto reddituale.
Spesso vi è incertezza sull’ampiezza della norma. Nulla quaestio per i giudizi in cui viene richiesta in via principale la condanna dell’ente previdenziale al pagamento di una prestazione previdenziale o assistenziale (es., un ricorso per ATP a seguito di verbale di mancato riconoscimento del requisito sanitario per ottenere l’indennità di accompagnamento). In questi casi, il petitum sarà costituito dalla richiesta di condanna dell’INPS al pagamento di una prestazione.
Quid iuris, invece, per le cause in cui l’oggetto principale è costituito da una domanda di accertamento (come, ad esempio, i giudizi in materia di indebito previdenziale)?
Una risposta interpretativa al quesito è stata fornita di recente dalla Corte di Cassazione, Sez. Lavoro, con la sentenza n. 16676 del 04/08/2020.
Secondo la Suprema Corte, “affinché sia applicabile l’art. 152 disp. att. cpc, per il quale la parte soccombente nei giudizi promossi per ottenere prestazioni previdenziali o assistenziali, in presenza delle condizioni economiche ritualmente dichiarate, non è assoggettata al pagamento di spese, competenze ed onorari, è necessario che il diritto alla prestazione sia l’oggetto diretto della domanda introdotta in giudizio e non solo la conseguenza indiretta ed eventuale di un diverso accertamento”.
Continua la Corte di Cassazione: “non può sfuggire che la disciplina in parola è, comunque, espressione di diritto singolare, che non si presta dunque ad essere applicato a casi non espressamente indicati. Per tale ragione, si è affermato nella giurisprudenza di questa Corte di cassazione (Cass. n. 25759 del 2008), con riferimento all’art. 152 att. c.p.c. nel testo vigente prima della modifica di cui al D.L. 30 settembre 2003, n. 269, conv. in L. 24 novembre 2003, n. 326, ma con considerazioni estensibili anche alla versione attuale, che l’esonero dal pagamento delle spese processuali non è posto in riferimento a tutti i giudizi previdenziali, ma solo in relazione a quelli promossi per ottenere prestazioni previdenziali”.
Nel caso sottoposto al giudizio della Corte, la ricorrente aveva esperito un’azione tendente ad accertare il proprio diritto ad essere iscritta nuovamente negli elenchi dei lavoratori agricoli del comune di residenza per l’anno 2006 dal quale era stata cancellata e, quindi, secondo il giudizio della Cassazione “non intesa ad ottenere prestazioni previdenziali od assistenziali, come richiesto dall’art. 152 disp. att. cpc, come formulato dal D.L. n. 269 del 2003, art. 42 conv. con modif. in L. n. 326 del 2003”.





