L’art. 152 disp. att. c.p.c.: i criteri applicativi delineati dalla Corte di Cassazione

Una delle norme peculiari del processo di previdenza è quella relativa al governo delle spese di lite in caso di soccombenza del ricorrente.

L’art. 152 delle disposizioni attuative del codice di procedura civile, rubricato: “Esenzione dal pagamento di spese, competenze e onorari nei giudizi per prestazioni previdenziali”, così dispone:

Nei giudizi promossi per ottenere prestazioni previdenziali o assistenziali la parte soccombente, salvo comunque quanto previsto dall’articolo 96, primo comma, del codice di procedura civile, non può essere condannata al pagamento delle spese, competenze ed onorari quando risulti titolare, nell’anno precedente a quello della pronuncia, di un reddito imponibile ai fini IRPEF, risultante dall’ultima dichiarazione, pari o inferiore a due volte l’importo del reddito stabilito ai sensi degli articoli 76, commi da 1 a 3, e 77 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115. L’interessato che, con riferimento all’anno precedente a quello di instaurazione del giudizio, si trova nelle condizioni indicate nel presente articolo formula apposita dichiarazione sostitutiva di certificazione nelle conclusioni dell’atto introduttivo e si impegna a comunicare, fino a che il processo non sia definito, le variazioni rilevanti dei limiti di reddito verificatesi nell’anno precedente. Si applicano i commi 2 e 3 dell’articolo 79 e l’articolo 88 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002. Le spese, competenze ed onorari liquidati dal giudice nei giudizi per prestazioni previdenziali non possono superare il valore della prestazione dedotta in giudizio. A tale fine la parte ricorrente, a pena di inammissibilità di ricorso, formula apposita dichiarazione del valore della prestazione dedotta in giudizio, quantificandone l’importo nelle conclusioni dell’atto introduttivo.

Il problema applicativo più delicato che gli operatori del diritto si trovano sovente ad affrontare riguarda la modalità di redazione della dichiarazione sostitutiva di certificazione delle condizioni reddituali. La norma, infatti, delinea un quadro di regole che cozza in maniera palese con le norme e le prassi relative alla redazione del ricorso introduttivo.

L’istante dovrebbe infatti sottoscrivere, a rigor di norma, una dichiarazione reddituale autografa nelle conclusioni dell’atto introduttivo. Il ricorso che in materia previdenziale introduce il giudizio è, però, un atto integralmente redatto e sottoscritto dal legale provvisto di procura, e non prevede l’intervento del ricorrente rappresentato. Le conclusioni, poi, sono la parte dell’atto deputata a circoscrivere ed enucleare il petitum del giudizio, giammai a contenere dichiarazioni di altro tipo, tantomeno se provenienti dalla parte in causa.

Per conciliare il dettato della norma con le consolidate regole del processo previdenziale è così intervenuta la Corte di Cassazione, che ha tracciato le seguenti regole interpretative (cfr, da ultimo, Corte di Cassazione, Ord. Sez. 6 Num. 5724 Anno 2021):

“Ai fini dell’ esenzione dal pagamento di spese, competenze e onorari, nei giudizi per prestazioni previdenziali, la dichiarazione sostitutiva di certificazione delle condizioni reddituali, da inserire nelle conclusioni dell’atto introduttivo ex art. 152 disp. att. c.p.c., sostituito dall’art. 42, comma 11, del d.l. n. 269 del 2003, conv. nella I. n. 326 del 2003, è
inefficace se non sottoscritta dalla parte, poiché a tale dichiarazione la norma connette un’assunzione di responsabilità non delegabile al difensore, stabilendo che “l’interessato” si impegna a comunicare, fino a che il processo non sia definito, le variazioni rilevanti dei limiti di reddito” (Cass.n. 22952/2016)”;

“In tema di esenzione dal pagamento di spese,competenze e onorari nei giudizi per prestazioni previdenziali, l’art. 152 disp. att. c.p.c., nel testo modificato dall’art. 42, comma 11, del d.l. n. 269 del 2003, conv. con modif. nella I. n. 326 del 2003, laddove fa carico alla parte ricorrente, che versi nelle condizioni reddituali per poter beneficiare dell’ esonero degli oneri processuali in caso di soccombenza, a rendere apposita dichiarazione sostitutiva “nelle conclusioni dell’atto introduttivo” va interpretato nel senso che della ricorrenza delle condizioni di esonero deve essere dato conto nell’atto introduttivo del giudizio, cosicché va ritenuta efficace la dichiarazione sostitutiva che, pur materialmente redatta su foglio separato, sia espressamente richiamata nel ricorso introduttivo del giudizio di primo grado e ritualmente prodotta con il medesimo” (Cass.n. 16616/2018)”.

Nel caso esaminato dalla Suprema Corte in relazione alla Ordinanza n. 5724/2021 sopra riportata, “la dichiarazione (così recita testualmente l’ordinanza, n.d.r.) era stata inserita nel fascicolo ed espressamente richiamata nell’atto introduttivo del giudizio nel quale la parte si era anche impegnata a comunicare ogni mutamento degli elementi reddituali”.

Riassumendo:

  1. La dichiarazione sostitutiva di certificazione delle condizioni reddituali dev’essere tassativamente sottoscritta dalla parte, e non mai dal difensore. È pertanto inefficace la dichiarazione che, se pur contenuta, in ossequio al disposto letterale dell’art. 152 disp. att. c.p.c., nel corpo delle conclusioni dell’atto introduttivo, sia sottoscritta solo dal difensore.
  2. La suddetta dichiarazione reddituale può anche essere redatta su foglio separato e inserita nel fascicolo di parte, purché espressamente richiamata nell’atto introduttivo del giudizio.