Con la recentissima sentenza 23 febbraio 2023, n. 5606, la Corte di Cassazione, Sezione Lavoro torna a parlare di indebiti assistenziali, tracciando da un lato una netta demarcazione con gli indebiti previdenziali, disciplinati dalla legge n. 88 del 1989, articolo 52 e dalla legge n. 412 del 1991, articolo 13, dall’altro riaffermando che la ripetizione delle prestazioni assistenziali indebite sfugge alla disciplina generale codicistica dettata in tema di indebito oggettivo dall’art. 2033 c.c.
Il Supremo Collegio, rifacendosi a una consolidata giurisprudenza della stessa Corte (Sentenza n. 28771 del 09/11/2018, Ordinanza n. 13223 del 30/06/2020), nel respingere il ricorso dell’INPS avverso la sentenza della Corte di Appello di Genova che aveva in parte accolto la richiesta di annullamento dell’indebito proposta dall’assistito, ha sentenziato che “in tema di indebito assistenziale, in luogo della generale ed incondizionata regola civilistica della ripetibilità, trova applicazione, in armonia con l’articolo 38 Cost., quella propria di tale sottosistema, che esclude la ripetizione, quando vi sia una situazione idonea a generare affidamento del percettore e la erogazione indebita non gli sia addebitabile. Ne consegue che l’indebito assistenziale, per carenza dei requisiti reddituali, abilita alla restituzione solo a far tempo dal provvedimento di accertamento del venir meno dei presupposti, salvo che il percipiente non versi in dolo, situazione comunque non configurabile in base alla mera omissione di comunicazione di dati reddituali che l’istituto previdenziale già conosce o ha l’onere di conoscere. Nel caso di specie, la corte territoriale – seppure con motivazione che erroneamente fa riferimento alla L. n. 88 del 1989, articolo 52, e che pertanto deve essere corretta sul punto – ha accertato da un lato che l’INPS almeno dal 2011 conosceva i redditi del pensionato (rientranti nei limiti per beneficiare della prestazione in questione) e dall’altro lato che solo nel 2015 vi è stato l’accertamento delle ripetibilità della prestazione erogata in precedenza in ragione del superamento dei limiti di reddito. Nulla per spese, essendo la parte vittoriosa rimasta intimata“.
Anche le Corti di merito si sono ripetutamente occupate della vasta materia degli indebiti assistenziali. Mette conto evidenziare, per la chiara e organica elencazione dei principi stabiliti dalla giustizia di legittimità in subiecta materia, l’ampia motivazione della sentenza della Corte d’Appello di Roma, Sezione Lavoro, 31 gennaio 2023, n. 229:
Osserva questa Corte che con ordinanza n. 12608/2020 la Suprema Corte ha affermato il seguente principio di diritto: “L’indebito assistenziale determinato dalla sopravvenuta carenza del requisito reddituale, in assenza di norme specifiche che dispongano diversamente, è ripetibile solo a partire dal momento in cui intervenga il provvedimento che accerta il venir meno delle condizioni di legge.”
Al fine, la Suprema Corte ha chiarito quanto segue:
– all’indebito relativo all’assegno sociale, in quanto prestazione assistenziale, non si applica il principio di generale ripetibilità di cui all’art. 2033 c.c., ma si applicano invece i principi di settore, propri dell’indebito assistenziale, per come ricostruiti dalla giurisprudenza di legittimità, che ha individuato, in relazione alle singole e diversificate fattispecie esaminate, un’articolata disciplina, che distingue vari casi a seconda che il pagamento non dovuto afferisca, volta per volta, alla mancanza dei requisiti reddituali, di quelli sanitari, di quelli socio economici (incollocazione o disoccupazione) o a questioni di altra natura (come, ad esempio, l’esistenza di ricovero ospedaliero gratuito nel caso dell’indennità di accompagnamento);
– si tratta invero di un sottosistema, che si fonda sulla regola per cui la ripetizione dei pagamenti indebiti è esclusa in presenza di situazioni di fatto variamente articolate, ma comunque aventi come minimo comune denominatore la non addebitabilità al percipiente dell’erogazione non dovuta e l’idoneità della situazione di fatto a generare affidamento;
– sull’esistenza di questo principio si è basata anche la giurisprudenza della Corte Costituzionale in materia di indebito assistenziale, che, pur affermando con le ordinanze n. 264/2004 e n. 448/2000 l’inesistenza di un’esigenza costituzionale che imponga per l’indebito previdenziale e per quello assistenziale un’identica disciplina, ha ritenuto che operi anche in questa materia un principio di settore, che sottrae tendenzialmente la regolamentazione della ripetizione dell’indebito al regime generale del codice civile;
– al riguardo la Corte Costituzionale ha pure evidenziato che il canone dell’art. 38 Cost. appresta al descritto principio di settore una garanzia costituzionale in funzione della soddisfazione di essenziali esigenze di vita della parte più debole del rapporto obbligatorio, che verrebbero ad essere contraddette dall’indiscriminata ripetizione di prestazioni naturaliter già consumate in correlazione -e nei limiti- della loro destinazione alimentare (Corte Cost. n. 39/1993, n. 431/1993);
– sulla precipua questione dell’indebito assistenziale per mancanza del requisito reddituale, è principio già affermato dalla giurisprudenza di legittimità che detto indebito, in assenza di norme specifiche che dispongano diversamente, è ripetibile solo a partire dal momento in cui intervenga il provvedimento che accerta il venir meno delle condizioni di legge, e ciò a meno che non ricorrano ipotesi che escludano qualsivoglia affidamento dell'”accipiens” ovvero la sua buona fede, come nel caso di erogazione di prestazioni a chi non abbia avanzato domanda o non sia parte di un rapporto assistenziale o di radicale incompatibilità tra beneficio ed esigenze assistenziali o, infine, di dolo comprovato;
– nessun obbligo di restituzione si può configurare nell’ipotesi in cui l’accipiens abbia già dichiarato i propri redditi all’INPS ed essi fossero perciò conoscibili dall’Istituto previdenziale;
– inoltre, già l’art. 42 del D.L. n. 269 del 2003, conv. in L. n. 326 del 2003, consentiva all’INPS di accedere alla conoscenza dei redditi dichiarati onerandolo del controllo telematico dei requisiti reddituali, mentre l’art. 15 del D.L. n. 78 del 2009, convertito con modificazioni dalla L. n. 102 del 2009, stabilisce che dal primo gennaio 2010 l’Amministrazione finanziaria ed ogni altra Amministrazione pubblica, che detengono informazioni utili a determinare l’importo delle prestazioni previdenziali e assistenziali collegate al reddito dei beneficiari, sono tenute a fornire all’INPS in via telematica le predette informazioni, presenti in tutte le banche dati a loro disposizione, relative ai titolari di prestazioni pensionistiche o assistenziali residenti in Italia e ai rispettivi coniugi e familiari. Da ciò si evince che tutti i fatti relativi ai dati reddituali dei titolari di prestazioni pensionistiche o assistenziali sono sempre conosciuti o conoscibili d’ufficio dall’INPS in via telematica;
– questo principio risulta rafforzato dall’art. 13 del D.L. n. 78 del 2010, convertito con modificazioni dalla L. n. 122 del 2010, che al comma 1 prevede l’istituzione presso l’INPS del “Casellario dell’Assistenza” per la raccolta, la conservazione e la gestione dei dati, dei redditi e di altre informazioni relativi ai soggetti aventi titolo alle prestazioni di natura assistenziale, mentre al comma 6 prevede che i titolari di prestazioni collegate al reddito devono comunicare all’INPS soltanto i dati della propria situazione reddituale, incidente sulle prestazioni in godimento, che non sia già stata comunicata all’Amministrazione finanziaria;
– pertanto, è confermato che i pensionati non devono comunicare all’INPS la propria situazione reddituale già integralmente dichiarata e conosciuta dall’Amministrazione, salvo che non si tratti di dati reddituali che, proprio perché non vanno dichiarati nel modello 730 (come, ad esempio, i redditi da lavoro dipendente prestato all’estero, gli interessi bancari, postali, dei BOT, dei CCT e di altri titoli di Stato, ecc.), devono essere perciò dichiarati all’Istituto;
– inoltre, in nessun caso si possono ipotizzare i presupposti per la restituzione dell’indebito quando esso scaturisca dal possesso di un certo reddito costituito da una prestazione di qualsiasi natura (previdenziale o assistenziale) erogata dall’INPS e che, quindi, l’Istituto già conosce.
In questo quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento, può allora concludersi nel senso indicato dalla Cassazione secondo cui, in tema di indebito assistenziale per mancanza del requisito reddituale, ai fini della ripetizione dell’indebito è necessario il “dolo comprovato dell’accipiens atto a farne venir meno ogni tipo di affidamento alla legittima erogazione della prestazione assistenziale”.
Calati questi principi nella fattispecie in esame, è dalla dichiarazione dei redditi dichiarati dalla B. alla Agenzia delle Entrate per gli anni 2015 e 2016 che l’INPS è venuto a conoscenza del superamento del limite reddituale di legge, come, fra l’altro, riconosciuto dallo stesso Istituto (v. pag. 5 della memoria di costituzione in appello), per cui non pare ricorrere alcuna ipotesi di dolo.
Se è vero che i redditi derivanti dai canoni locatizi sono conoscibili dall’INPS solo a partire dalla presentazione della dichiarazione annuale dei redditi da parte dell’odierna appellante, questa, nella specie, aveva reso la dichiarazione in questione nell’anno 2016 e nell’anno 2017, con conseguente tardività della comunicazione pervenuta nel 2020.
Nel caso di specie, va quindi esclusa la configurabilità del dolo dell’accipiens, stante la piena conoscibilità, da parte dell’INPS, dei dati reddituali d’interesse, e conseguentemente l’Istituto non può ripetere le somme oggetto di causa, in quanto pagate in epoca antecedente all’adozione del provvedimento che ha accerta il venir meno delle condizioni di legge per la loro erogazione.
Interessante, dal punto di vista pratico, è pure la motivazione della sentenza 18 gennaio 2023 n. 20 emessa dal Tribunale di Arezzo, Sezione Lavoro e Previdenza.
“In tema di prestazioni economiche di natura assistenziale – afferma il tribunale toscano – la disciplina della ripetibilità di quelle indebitamente erogate va ricercata nella normativa appositamente dettata in materia, non potendo trovare applicazione in via analogica le regole dell’indebito previdenziale, che non si possono interpretare neppure estensivamente, in quanto derogano all’art. 2033 c.c.. Quindi, i ratei indebitamente erogati per mancanza del requisito reddituale vanno restituiti a partire dalla data del provvedimento che accerta che la prestazione assistenziale non era dovuta, salvo che il pagamento indebito sia addebitabile al percipiente e non sussistano le condizioni di un legittimo affidamento. Pertanto a tutela dell’affidamento di chi percepisce prestazioni assistenziali, il relativo indebito non è ripetibile a decorrere dal momento in cui oggettivamente la prestazione viene erogata in difetto dei requisiti reddituali, bensì dal successivo momento nel quale l’istituto erogatore emette la comunicazione che accerta la mancanza dei medesimi requisiti reddituali (cfr. Cass. Civ. Sez. lav. n. 13915/2021 e n. 24133/2021)”.
Pertanto, nel caso in cui l’indebito nasca da una prestazione assistenziale non più dovuta a causa del venir meno del requisito reddituale, l’indebito comincia a decorrere dal momento in cui all’accipiens viene formalmente comunicato l’atto con cui si manifesta la mancanza del requisito reddituale (ad es. il Modello TE08 contenente la ricostituzione della prestazione).
