La carica di amministratore unico di una S.r.l. non presuppone né implica la titolarità di redditi superiori al limite previsto per la concessione dell’assegno sociale (Tribunale di Castrovillari, Sez. Lavoro e Previdenza, sentenza n. 802/2022)

La sentenza in oggetto si inserisce nel solido solco giurisprudenziale secondo cui l’assegno sociale dev’essere rigidamente ancorato a univoci requisiti reddituali, predeterminati dalla legge, onde evitare l’accesso a discriminatorie valutazioni discrezionali.

Nel caso specifico, l’INPS aveva negato il diritto alla prestazione, sul presupposto del fatto che il richiedente fosse stato titolare di partita IVA (poi cessata) e che, alla data della domanda, egli ricoprisse la carica di amministratore unico e rappresentante di una società a responsabilità limitata.

Il Tribunale di Castrovillari ha respinto la decisione adottata dall’Istituto previdenziale, dichiarando il diritto del ricorrente all’assegno sociale.

Dopo aver premesso, in modo tranchant, che gli unici requisiti richiesti ai fini della concessione dell’assegno sono l’età, la cittadinanza italiana, la residenza ed il possesso di redditi (propri e del coniuge) non superiori al limite stabilito dalla legge, il giudice del lavoro e della previdenza, passando all’esame della documentazione probatoria del requisito reddituale, ha dato atto che dalla certificazione rilasciata dall’Agenzia delle Entrate versata in atti risultava che sia il ricorrente che il coniuge non avevano percepito redditi superiori ai limiti di legge.
E, in merito alla eccezione specifica opposta dall’INPS, il giudice ha affermato: “Né, infine, può ritenersi che la concessione della prestazione assistenziale richiesta sia, di per sé, incompatibile con la carica di amministratore unico che di per sé non presuppone né implica la titolarità di redditi superiori al limite previsto per la concessione dell’assegno sociale”.

Sulla base delle suesposte considerazioni, il Tribunale ha pertanto dichiarato il diritto del ricorrente di percepire l’assegno sociale e, di conseguenza, condannato l’Inps al pagamento dei ratei di assegno arretrati, oltre interessi legali dalla scadenza del 120° giorno successivo alla presentazione della domanda.

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