Ogni anno, i cittadini pensionati italiani devono inviare telematicamente all’INPS una dichiarazione reddituale, denominata “Modello RED”, relativa ai redditi percepiti nell’anno precedente.
A guardare bene, l’obbligo non riguarda indistintamente tutti i pensionati, ma esclusivamente coloro che hanno percepito, oltre alla pensione, anche redditi di diversa natura. Infatti, si tratta di una dichiarazione obbligatoria per chi, in aggiunta alla pensione, ha altri redditi, come proprietà di seconde abitazioni o case concesse in locazione, o ancora pensioni o redditi di lavoro dipendente conseguiti in Italia o all’estero.
Sono però esonerati dall’adempimento i pensionati che, pur percependo redditi aggiuntivi quali quelli sopra menzionati, hanno già provveduto a dichiarare all’Agenzia delle Entrate (tramite modello 730 o REDDITI PF) integralmente tutti i redditi percepiti, in quanto la presentazione della dichiarazione reddituale all’INPS è alternativa alla dichiarazione dei redditi all’Agenzia delle Entrate.
Il Modello RED ha una rilevanza centrale nell’erogazione, da parte dell’INPS, delle prestazioni collegate al reddito.
Esaminiamo più da vicino il quadro normativo.
Il comma 8 dell’art. 35 del decreto legge 30 dicembre 2008, n. 207, convertito dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14, dispone che “ai fini della liquidazione o della ricostituzione delle prestazioni previdenziali ed assistenziali collegate al reddito, il reddito di riferimento è quello conseguito dal beneficiario e dal proprio coniuge nell’anno solare precedente. Per le prestazioni collegate al reddito rilevano i redditi conseguiti nello stesso anno per prestazioni per le quali sussiste l’obbligo di comunicazione al Casellario centrale dei pensionati di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 31 dicembre 1971, n. 1388 e successive modificazioni e integrazioni”.
Il comma 9 dello stesso provvedimento prevede altresì che in sede di prima liquidazione di una prestazione, si debba far riferimento al reddito dell’anno in corso. Tale reddito è dichiarato dall’interessato in via presuntiva al momento della domanda.
In altri termini, in caso di prima liquidazione di una “prestazione base” collegata al reddito (ad es. assegno sociale, pensione per invalidità civile ecc.), si deve tener conto del “reddito presuntivo” dell’anno in corso, con la precisazione che per “anno in corso” deve intendersi l’anno di decorrenza della pensione o del beneficio.
Il reddito presuntivo dichiarato al momento della domanda deve poi essere oggetto di verifica nell’anno successivo.
Recita ancora l’art. 10 bis del D.L. n. 207/2008 che “ai fini della razionalizzazione degli adempimenti di cui all’articolo 13 della legge 30 dicembre 1991, n. 412, i titolari di prestazioni collegate al reddito, di cui al precedente comma 8, che non comunicano integralmente all’Amministrazione finanziaria la situazione reddituale incidente sulle prestazioni in godimento, sono tenuti ad effettuare la comunicazione dei dati reddituali agli Enti previdenziali che erogano la prestazione”.
Ai sensi dell’articolo 13, comma 2, della legge n. 412 del 1991, infine, “l’Inps procede annualmente alla verifica delle situazioni reddituali dei pensionati incidenti sulla misura o sul diritto alle prestazioni pensionistiche e provvede, entro l’anno successivo, al recupero di quanto eventualmente pagato in eccedenza”.
A questo punto, esaminato l’assetto normativo, è più facile comprendere il meccanismo operativo utilizzato dall’istituto in questa materia.
Talune prestazioni assistenziali corrisposte dall’INPS sono, per previsione normativa, collegate al reddito, che può incidere sia sul diritto al beneficio, sia sulla misura dello stesso.
Prendiamo in esame, ad esempio, l’istituto dell’assegno sociale.
Se il richiedente non è coniugato, il limite di reddito per il diritto all’erogazione del beneficio è pari allo stesso importo annuo dell’assegno sociale, ammontante, per l’anno 2021, ad euro 5.983,64; se il richiedente è coniugato il limite di reddito è raddoppiato, cioè pari a euro 11.967,28, ma in tal caso si fa riferimento al reddito di entrambi i coniugi.
Se i redditi dell’interessato, quelli dell’eventuale coniuge oppure la somma di entrambi superano i limiti di legge, l’assegno sociale viene negato (e quindi, in questo caso il reddito incide sul diritto). Se invece l’istante non dispone di alcun reddito personale, l’assegno sociale viene erogato in misura intera. Nel caso in cui il reddito del richiedente o quello del coniuge o la loro somma siano inferiori ai limiti di legge, l’assegno viene erogato per un importo ridotto. In questo caso, l’ammontare dei redditi inciderà sulla misura, e l’assegno sarà pagato per un importo annuo pari alla differenza tra l’importo intero annuale dell’assegno sociale corrente e l’ammontare del reddito annuale.
Es. Se il richiedente è coniugato e l’ammontare dei redditi percepiti da entrambi i coniugi è pari a 12.000 euro, egli non avrà diritto all’assegno sociale, perché il reddito complessivo avrà superato il tetto massimo stabilito dalla legge. Se, invece, la coppia percepisce complessivamente redditi per 8.000 euro, al richiedente spetterà un importo pari alla differenza fra l’importo dell’assegno in caso di coniugio (Euro 11.967,28) e il totale dei redditi (Euro 8.000)= Euro 3.967,28.
In tutti i casi in cui le prestazioni economiche siano collegate al reddito, la legge (come prima visto) impone ai soggetti beneficiari di comunicare all’INPS la propria situazione reddituale, tranne che:
- se il beneficiario percepisce una pensione corrisposta dall’INPS o da qualsiasi altro ente previdenziale italiano, poiché essa rientra nella sfera di conoscenza (o di conoscibilità) dell’INPS attraverso l’inserimento nel Casellario centrale dei pensionati;
- se il beneficiario dichiara all’Agenzia delle Entrate (tramite Modello 730 o Redditi PF) integralmente tutti i suoi redditi, poiché, come detto, la dichiarazione reddituale all’INPS è alternativa a quella effettuata nei confronti dell’Agenzia delle Entrate.
L’obbligo per il beneficiario della prestazione collegata al reddito di comunicare i redditi percepiti è finalizzato alla verifica annuale imposta dall’articolo 13, comma 2, della legge n. 412 del 1991, sopra riportato.
Ma qual è il periodo di riferimento che l’INPS deve considerare per operare la verifica della sussistenza del diritto o la quantificazione della misura in relazione alle prestazioni collegate al reddito?
Soccorre a tal proposito il succitato comma 8 dell’art. 35 del decreto legge 30 dicembre 2008, n. 207.
In base al dettato di tale disposizione normativa, ai fini del riconoscimento del diritto e della misura delle prestazioni collegate al reddito già in pagamento, si tiene conto:
- dei redditi da pensione, per i quali sussiste l’obbligo di comunicazione al Casellario centrale dei pensionati, conseguiti nello stesso anno;
- dei redditi di altra natura conseguiti nell’anno precedente.
Pertanto, prendendo sempre ad esame una prestazione di assegno sociale, laddove si verifichi che al titolare di essa sia stato liquidato un trattamento pensionistico rientrante nel Casellario centrale dei pensionati, incidente sul reddito personale o coniugale, l’INPS dovrà prendere in considerazione tale fonte di reddito e imputarla all’anno in corso per verificare la sussistenza del diritto all’assegno sociale, e ad essa sommare gli eventuali redditi di altra natura percepiti nell’anno precedente.
Così, facendo riferimento per esempio al 2021, per accertare la permanenza dei requisiti reddituali di titolarità dell’assegno sociale o per quantificare l’importo reale da corrispondere a tale titolo, l’INPS dovrà conteggiare i redditi della nuova prestazione pensionistica liquidata nel 2021, e i redditi conseguiti a titolo diverso relativi al 2020 (ad esempio, un reddito da locazione, o una pensione conseguita all’estero per la quale non sussiste l’obbligo di comunicazione al Casellario dei pensionati).
E, per quanto riguarda tali altri redditi, conseguiti a titolo diverso, il beneficiario dell’assegno sociale è obbligato a effettuare tempestiva comunicazione, o dichiarandoli direttamente all’Agenzia delle Entrate, o presentando telematicamente all’INPS il Modello RED.
La mancata dichiarazione può comportare conseguenze gravi, che vanno dalla sospensione della prestazione fino alla sua revoca totale con recupero dell’indebito, in base al citato art. 10 bis del D.L. 30 dicembre 2008, n. 207.
Acquisito il quadro completo dei redditi, secondo tali modalità di riferimento temporale, l’INPS procederà ad effettuare la verifica reddituale di cui al citato articolo 13, comma 2, della legge n. 412 del 1991, che potrebbe pure sfociare nella revoca dell’assegno sociale o nella riduzione dell’importo dello stesso, con successivo eventuale recupero dell’indebito corrisposto, da effettuare entro limiti temporali ben precisi per non incorrere nella sanatoria (si veda a tal proposito un mio contributo).
