L’art. 1, comma 41 della Legge 8 agosto 1995, n. 335, così recita: “La disciplina del trattamento pensionistico a favore dei superstiti di assicurato e pensionato vigente nell’ambito del regime dell’assicurazione generale obbligatoria è estesa a tutte le forme esclusive o sostitutive di detto regime. In caso di presenza di soli figli di minore età, studenti, ovvero inabili, l’aliquota percentuale della pensione è elevata al 70 per cento limitatamente alle pensioni ai superstiti aventi decorrenza dalla data di entrata in vigore della presente legge. Gli importi dei trattamenti pensionistici ai superstiti sono cumulabili con i redditi del beneficiario, nei limiti di cui all’allegata tabella F. Il trattamento derivante dal cumulo dei redditi di cui al presente comma con la pensione ai superstiti ridotta non può essere comunque inferiore a quello che spetterebbe allo stesso soggetto qualora il reddito risultasse pari al limite massimo delle fasce immediatamente precedenti quella nella quale il reddito posseduto si colloca. I limiti di cumulabilità non si applicano qualora il beneficiario faccia parte di un nucleo familiare con figli di minore età, studenti ovvero inabili, individuati secondo la disciplina di cui al primo periodo del presente comma. Sono fatti salvi i trattamenti previdenziali più favorevoli in godimento alla data di entrata in vigore della presente legge con riassorbimento sui futuri miglioramenti”.
Gli importi dei trattamenti pensionistici ai superstiti, pertanto, sono cumulabili con i redditi del beneficiario solo entro determinati limiti, stabiliti nella Tabella F, che si riporta integralmente.

Ciò vuol dire che, qualora il reddito del beneficiario sia inferiore a 3 volte il trattamento minimo annuo del FPLD, calcolato col sistema indicato in tabella, la pensione ai superstiti sarà interamente cumulabile col reddito personale, altrimenti essa subirà una progressiva decurtazione (del 25%, del 40%, del 50%) ove, rispettivamente, sia superiore di 3 volte, di 4 volte o di 5 volte il trattamento minimo.
Gli importi del trattamento minimo del Fondo pensioni lavoratori dipendenti, per gli anni 2018, 2019, 2020, 2021, sono così determinati:
ANNO | Importo mensile | Importo annuo |
2021 | 515,58 | 6.702,54 |
2020 | 515,07 | 6.695,91 |
2019 | 513,01 | 6.669,13 |
2018 | 507,42 | 6.596,46 |
Le decurtazioni dei trattamenti pensionistici ai superstiti in relazione al reddito del beneficiario, per gli anni 2018, 2019, 2020, 2021, sono pertanto le seguenti:
2021 | |
– Fino a € 20.107,62 | nessuna |
– oltre € 20.107,62 fino a € 26.810,16 | 25% |
– oltre € 26.810,16 fino a € 33.512,70 | 40% |
– oltre € 33.512,70 | 50% |
2020 | |
– Fino a € 20.087,73 | nessuna |
– oltre € 20.087,73 fino a € 26.783,64 | 25 % |
– oltre € 26.783,64 fino a € 33.479,55 | 40 % |
– oltre € 33.479,55 | 50 % |
2019 | |
– Fino a € 20.007,39 | nessuna |
– oltre € 20.007,39 fino a € 26.676,52 | 25 % |
– oltre € 26.676,52 fino a € 33.345,65 | 40 % |
– oltre € 33.345,65 | 50 % |
2018 | |
– Fino a € 19.789,38 | nessuna |
– oltre € 19.789,38 fino a € 26.385,84 | 25 % |
– oltre € 26.385,84 fino a € 32.982,30 | 40 % |
– oltre € 32.982,30 | 50 % |
I redditi da valutare sono i redditi assoggettabili all’IRPEF, al netto dei contributi previdenziali e assistenziali, con esclusione dei trattamenti di fine rapporto comunque denominati e relative anticipazioni, del reddito della casa di abitazione e delle competenze arretrate sottoposte a tassazione separata. In ogni caso non deve essere valutato l’importo della pensione ai superstiti su cui deve essere eventualmente operata la riduzione.
Le pensioni ai superstiti sono prestazioni previdenziali collegate al reddito.
Esaminiamo, quindi, il quadro normativo per le verifiche reddituali delle prestazioni legate al reddito.
Il comma 8 dell’art. 35 del decreto legge 30 dicembre 2008, n. 207, convertito dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14, dispone che “ai fini della liquidazione o della ricostituzione delle prestazioni previdenziali ed assistenziali collegate al reddito, il reddito di riferimento è quello conseguito dal beneficiario e dal proprio coniuge nell’anno solare precedente. Per le prestazioni collegate al reddito rilevano i redditi conseguiti nello stesso anno per prestazioni per le quali sussiste l’obbligo di comunicazione al Casellario centrale dei pensionati di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 31 dicembre 1971, n. 1388 e successive modificazioni e integrazioni”.
Il comma 9 dello stesso provvedimento prevede altresì che in sede di prima liquidazione di una prestazione, si debba far riferimento al reddito dell’anno in corso. Tale reddito è dichiarato dall’interessato in via presuntiva al momento della domanda.
In altri termini, in caso di prima liquidazione di una “prestazione base” collegata al reddito, si deve tener conto del “reddito presuntivo” dell’anno in corso, con la precisazione che per “anno in corso” deve intendersi l’anno di decorrenza della pensione o del beneficio.
Il reddito presuntivo dichiarato al momento della domanda deve poi essere oggetto di verifica nell’anno successivo.
Recita ancora l’art. 10 bis del D.L. n. 207/2008 che “ai fini della razionalizzazione degli adempimenti di cui all’articolo 13 della legge 30 dicembre 1991, n. 412, i titolari di prestazioni collegate al reddito, di cui al precedente comma 8, che non comunicano integralmente all’Amministrazione finanziaria la situazione reddituale incidente sulle prestazioni in godimento, sono tenuti ad effettuare la comunicazione dei dati reddituali agli Enti previdenziali che erogano la prestazione”.
Ai sensi dell’articolo 13, comma 2, della legge n. 412 del 1991, infine, “l’Inps procede annualmente alla verifica delle situazioni reddituali dei pensionati incidenti sulla misura o sul diritto alle prestazioni pensionistiche e provvede, entro l’anno successivo, al recupero di quanto eventualmente pagato in eccedenza”.
A questo punto, esaminato l’assetto normativo, è più facile comprendere il meccanismo utilizzato dall’Istituto per verificare i redditi del beneficiario, al fine di effettuare le eventuali trattenute sul trattamento pensionistico in favore dei superstiti.
Come detto prima, le pensioni ai superstiti sono prestazioni collegate al reddito, e la quantificazione del reddito può incidere sulla misura delle stesse.
In tutti i casi in cui le prestazioni economiche siano collegate al reddito, la legge (come prima visto) impone ai soggetti beneficiari di comunicare all’INPS la propria situazione reddituale, tranne che:
- se il beneficiario percepisce una pensione corrisposta dall’INPS o da qualsiasi altro ente previdenziale italiano, poiché essa rientra nella sfera di conoscenza (o di conoscibilità) dell’INPS attraverso l’inserimento nel Casellario centrale dei pensionati;
- se il beneficiario dichiara all’Agenzia delle Entrate (tramite Modello 730 o Redditi PF) integralmente tutti i suoi redditi, poiché, come detto, la dichiarazione reddituale all’INPS è alternativa a quella effettuata nei confronti dell’Agenzia delle Entrate.
La conoscenza, da parte dell’INPS, dei redditi percepiti, è necessaria ai fini della verifica annuale imposta dall’articolo 13, comma 2, della legge n. 412 del 1991, sopra riportato.
Ma qual è il periodo di riferimento che l’INPS deve considerare per effettuare la verifica degli ulteriori redditi?
Soccorre a tal proposito il succitato comma 8 dell’art. 35 del decreto legge 30 dicembre 2008, n. 207.
In base al dettato di tale disposizione normativa, si tiene conto:
- dei redditi da pensione, per i quali sussiste l’obbligo di comunicazione al Casellario centrale dei pensionati, conseguiti nello stesso anno;
- dei redditi di altra natura conseguiti nell’anno precedente.
Pertanto, prendendo ad esame una prestazione di pensione di reversibilità, laddove si verifichi che al titolare di essa sia stato liquidato un altro trattamento pensionistico rientrante nel Casellario centrale dei pensionati, l’INPS dovrà prendere in considerazione tale fonte di reddito e imputarla all’anno in corso per verificare la necessità di operare le decurtazioni sul trattamento di reversibilità, secondo le regole prima viste, e ad essa sommare gli eventuali redditi di altra natura percepiti nell’anno precedente.
Così, facendo riferimento per esempio al 2021, per quantificare l’importo reale della pensione di reversibilità da corrispondere, l’INPS dovrà conteggiare i redditi della nuova prestazione pensionistica liquidata nel 2021, e i redditi conseguiti a titolo diverso relativi al 2020 (ad esempio, un reddito da locazione, o una pensione conseguita all’estero per la quale non sussiste l’obbligo di comunicazione al Casellario dei pensionati).
E, per quanto riguarda tali altri redditi, conseguiti a titolo diverso, il beneficiario del trattamento di reversibilità è obbligato a effettuare tempestiva comunicazione, o dichiarandoli direttamente all’Agenzia delle Entrate, o presentando telematicamente all’INPS il Modello RED.
Acquisito il quadro completo dei redditi, secondo tali modalità di riferimento temporale, l’INPS procederà ad effettuare la verifica reddituale di cui al citato articolo 13, comma 2, della legge n. 412 del 1991, che potrebbe pure sfociare nella riduzione dell’importo della pensione di reversibilità, con successivo eventuale recupero dell’indebito corrisposto, da effettuare entro limiti temporali ben precisi per non incorrere nella sanatoria (si veda a tal proposito un mio contributo).

