Capita sovente che i beneficiari di prestazioni erogate dall’INPS si vedano recapitare lettere di indebito, con cui l’Istituto previdenziale chiede loro di restituire somme indebitamente incassate.
A volte, gli importi richiesti sono di considerevole entità, tanto da gettare nel panico i destinatari delle missive.
Cosa fare, pertanto, se l’INPS chiede soldi indietro?
Nella mia esperienza professionale, ho avuto modo di accertare che tantissime delle richieste restitutorie avanzate dall’INPS e da me esaminate, erano legittime. In questi casi, ove appaia assolutamente improduttivo, se non foriero di ulteriori spese, contestare la lettera d’indebito, il cittadino può accedere ai benefici di rateizzazione che la legge, oltre che gli atti di indirizzo interni, impongono all’Istituto quando si tratta di approntare le modalità di restituzione delle somme indebite.
In numerosi altri casi, invece, le pretese di pagamento dell’INPS erano irregolari o illegittime.
Non è possibile in questa sede elencare esaustivamente tutte le cause che possono rendere viziate le procedure di restituzione delle somme indebite. Ogni richiesta va analizzata singolarmente, perché molto spesso la non debenza delle somme emerge dal raffronto con i redditi percepiti dal presunto debitore e con le annualità a cui gli stessi vanno riferiti, per cui, prima di trarre le dovute conclusioni, è necessario avere un quadro preciso della situazione reddituale di cui gode il percettore della prestazione.
Per semplificare, due sono le cause principali che creano un indebito previdenziale.
a) Mancata comunicazione del Modello Red nei termini stabiliti dalle legge e dai vari provvedimenti di proroga emessi dall’INPS, cui segue, come sanzione prevista dal comma 10 bis dell’art. 35 del D.L. n. 207 del 2008, convertito con modificazioni dalla legge n. 14 del 2009, la revoca della prestazione collegata al reddito da comunicare e la restituzione delle somme nel frattempo corrisposte (si rimanda, sul punto, alla lettura di https://cataldobevacqua.it/la-revoca-delle-prestazioni-collegate-al-reddito-per-omessa-comunicazione-del-modello-red-quali-rimedi/);
b) Verifica reddituale ai sensi dell’articolo 13, comma 2, della legge n. 412 del 1991.
L’INPS – come enuncia il predetto art. 13, comma 2 della legge n. 412 del 1991 – deve procedere annualmente alla verifica delle situazioni reddituali dei pensionati incidenti sulla misura o sul diritto alle prestazioni pensionistiche e, nel caso in cui, all’esito della verifica reddituale, emerga il pagamento di somme ulteriori e non dovute rispetto a quelle corrisposte, deve provvedere, entro l’anno successivo, al recupero di quanto eventualmente pagato in eccedenza.
Da tale disposizione deriva che l’Istituto è tenuto a rispettare la regola che gli impone l’onere di ripetibilità delle somme indebite nel termine decadenziale di due anni previsto dall’art. 13, comma 2, L. n. 412/1991, tenendo presente che la giurisprudenza di legittimità ha precisato che la disposizione normativa in questione “si interpreta nel senso che, nell’anno civile in cui si è avuta conoscibilità dei redditi, deve procedersi alla “verifica” e che entro l’anno civile successivo a quello destinato alla verifica deve procedersi, a pena di decadenza, al recupero” (si veda, sul punto, https://cataldobevacqua.it/indebiti-da-prestazioni-inps-listituto-deve-procedere-al-recupero-nel-termine-decadenziale-previsto-dallart-13-comma-2-l-n-412-1991/).
Dall’esame approfondito della singola situazione debitoria, è possibile stabilire se l’INPS ha rispettato le regole stabilite dalla legge.
Capita che l’Istituto, nei procedimenti relativi agli adempimenti previsti in materia di Modello Red, non notifichi correttamente e tempestivamente i provvedimenti di sollecito, di sospensione e di revoca della prestazione, oppure che, errando nella configurazione della “situazione reddituale incidente sulla prestazione in godimento”, contesti al percettore la mancata comunicazione di redditi già inseriti nella dichiarazione dei redditi presentata all’Agenzia delle Entrate, oppure non “incidenti” sulla prestazione percepita (si legga in merito https://cataldobevacqua.it/la-revoca-delle-prestazioni-collegate-al-reddito-per-omessa-comunicazione-del-modello-red-quali-rimedi/).
In numerosi casi, invece, l’INPS non rispetta i termini di decadenza previsti dall’art. 13, comma 2, L. n. 412/1991 in materia di verifiche reddituali e successive eventuali contestazioni degli indebiti accertati.
Per non tacere, poi, delle volte in cui gli indebiti contestati sono da ricondurre all’omessa valutazione da parte dell’Istituto di dati conosciuti e/o conoscibili dall’INPS e dallo stesso non valutati, ciò che configura un errore imputabile all’Istituto che non può pertanto pretenderne la restituzione (vedasi https://cataldobevacqua.it/linps-non-ha-diritto-a-richiedere-al-pensionato-somme-indebiti-previdenziali-linps-non-ha-diritto-a-richiedere-al-pensionato-somme-indebitamente-corrisposteindebitamente-corrisposte-se-linde/).
Per concludere la breve e per nulla esaustiva carrellata degli errori formali e sostanziali in cui l’INPS spesso incorre nei procedimenti di contestazione degli indebiti, bisogna dar conto pure dei numerosi casi in cui l’Istituto previdenziale, nel liquidare gli arretrati, invece di separare idealmente gli importi relativi a ciascun anno di competenza, imputa all’anno di pagamento la somma totale corrisposta, applicando il principio di cassa. Niente di più sbagliato, perché talvolta l’importo complessivo pagato a titolo di arretrato, e imputato all’anno di effettivo pagamento, va a influire sul requisito reddituale occorrente per la percezione di altra prestazione assistenziale o previdenziale, causando la perdita del diritto e la formazione di indebiti (si rimanda, sul punto, alla lettura di https://cataldobevacqua.it/arretrati-inps-listituto-deve-computarli-applicando-il-principio-di-competenza-e-non-quello-di-cassa/).
In definitiva, quindi, qualora l’INPS richieda la restituzione di somme non dovute, è sempre bene sottoporre la lettera di indebito all’esame di un avvocato esperto in materia previdenziale, che, vagliati compiutamente tutti gli aspetti, formali e sostanziali, della vicenda, deciderà o meno se contestare in sede giudiziaria, previa interposizione dell’obbligatorio ricorso amministrativo, le pretese restitutorie dell’Istituto.